venerdì 23 ottobre 2009

Under The Auspices of Princess Kathrin Hohenstaufen

Tranquillamente Marche...
La pronipote di Stupormundi, medico chirurgo, dssa Kathrin von Hohenstaufen, per la lotta contro i tumori.

Sotto l'alto Patrocinio della
dottoressa Kathrin von Hohenstaufen , medico chirurgo, L'Arte in Movimento per la lotta contro i tumori a Fabriano.Eventi



I colori di "Arte in movimento" a Fabriano
26/10/09

Fabriano (Ancona) - "Un viaggio nella storia dei mestieri di un tempo tra arte, moda e bellezza. Fabriano si veste d'arte". Questo lo slogan coniata dall'artista e stilista Vittorio De Marchi a proposito di una sua manifestazione, organizzata dall’assessore al Turismo, Giovanni Balducci, in programma il 30 ottobre 2009 nella suggestiva cornice del Museo della Carta e della Filigrana.
In effetti, sarà proprio la città della carta, in questa incantevole location cornice ad ospitare una manifestazione all'insegna della cultura, dove i colori di "Arte in Movimento", la nota corrente artistica fondata dal Maestro, e un pezzo di storia della città la faranno da padrona.
Sì, di storia si parla, infatti, in un programma ricco di contenuti e di momenti importanti che vedranno la collaborazione del "Museo della bicicletta" di Fabriano, dal quale l'artista marchigiano ha preso spunto per la realizzazione del "Calendario 2010", che verrà presentato proprio in quella serata. In sintesi, alcune antiche "biciclette dei mestieri" sono state immortalate negli scatti fotografici che scandiscono i 12 mesi del prossimo anno, al fianco delle modelle selezionate nel mese scorso nel web, tra le quali anche "Miss Marche 2009", vestite delle creazioni di alta moda di De Marchi.
“I 12 scatti più interessanti” ha sottolineato Vittorio De Marchi nel corso della specifica conferenza stampa “provengono da una selezione effettuata sull'intero servizio fotografico realizzato in questi giorni negli angoli più suggestivi della città, servizio che ha creato non poca curiosità nella cittadinanza che ha potuto vedere l'intera troupe al lavoro. Tutto questo – ha rimarcato - grazie alla collaborazione nata tra il sottoscritto e Moda Oggi di Roma, con il contributo del Museo della Bicicletta e del Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano, con la collaborazione della U.I.S.P. Di Fabriano, il Patrocinio del Comune di Fabriano, del Green Princes Trust nella preziosa Persona della H.I.R.H. Principessa Yasmin von Hohenstaufen e della Fondazione Starhemberg nella preziosa Persona di S.A. La Principessa Elizangela Moreira von Starhemberg”.
Altro elemento di non secondaria importanza per la pubblicazione del calendario posto in vendita (il 31 ottobre ci sarà una gazebo in piazza del Comune per l’intero giorno) i cui proventi andranno all'AMBALT di Ancona, l’Associazione Marchigiana per la Cura e l'Assistenza ai Bambini Affetti da Leucemie e Tumori
Non finisce qui, il ricco programma della manifestazione vede anche la presentazione alla stampa ed alle televisioni, che parteciperanno in numero consistente anche dall'estero, di un volume realizzato dall'artista in serie limitata (99 copie) interamente lavorato a mano, di pregiata fattura, che De Marchi porterà in dono (personalmente, ove possibile) alle grandi personalità di svariati ambiti che più si sono distinte per l'impegno nel campo della solidarietà.
Inoltre, dal sodalizio che perdura nel tempo con l'amico e grande artista di fama internazionale Ernesto Gennaro Solferino, tra i più autorevoli dell'iper-realismo, il museo della carta vedrà l'inaugurazione della mostra con tema "La Divina Commedia".
Il Mestro Solferino, alla presenza di Francesco Fumagalli (Premio per la Letteratura - Mondadori) e dello storico Alfonso Padula, presenterà le sue opere su carta che andranno raccolte in un volume pregiato che sarà presentato presso il "Sigillo Vaticano" nel prossimo maggio.
Ad una manifestazione così importante, nel pieno stile che contraddistingue le manifestazioni di Vittorio De Marchi, hanno già dato conferma della propria partecipazione alcune tra le personalità più importanti del mondo della cultura e della politica, come pure i giornalisti di testate nazionali ed estere: Brasile, Germania tra le altre. Inoltre, la città di Fabriano e la serata sarà oggetto di un servizio realizzato dalla televisione e stampa nazionale brasiliana.



Redazione Anconainforma.it









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Teatro Rebis presenta

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Sabato 24 Ottobre, h 10.00
Teatro Rebis - Macerata
Da Venerdì a Domenico: il viaggio di Robinson Crusoe
Di e con Lorenzo Pennacchietti

Regia Andrea Fazzini

Progetto intercultura per Istituto d'Arte di Macerata




Borgo Peranzoni, 113
www.teatrorebis.org

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Sabato 31 Ottobre
Teatro Rebis - Macerata

h 10.00
Da Venerdì a Domenico: il viaggio di Robinson Crusoe
Di e con Lorenzo Pennacchietti
Regia Andrea Fazzini
Progetto intercultura per Liceo Scientifico G.Galilei di Macerata


h 21.00
Da Venerdì a Domenico: il viaggio di Robinson Crusoe

Di e con Lorenzo Pennacchietti

Regia Andrea Fazzini

Viva Festival 09
a seguire incontro con l’antropologa Barbara Sorgoni sui temi della colonizzazione e dell’integrazione



Borgo Peranzoni, 113
www.teatrorebis.org

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Saremo lieti di avervi con noi.


Per qualsiasi informazione o chiarimento

CONTATTI

TEATRO REBIS
B.go Peranzoni, 113 - Macerata (MC)
tel/fax 0733.493315
www.teatrorebis.org
rebis.info@email.it
Organizz.ne Silvia Castellani
silviamacerata@hotmail.it
skype silviacastellani77


P Per favore considera l’ambiente. Devi davvero stampare questa mail?



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Princess Kathrin discendente di Federico II e Gengis Khan




La Falconeria presso Gengis Khan e Federico II
La principessa Kathrin von Hohenstaufen,dinastia Avril de Buren Khan Buren Anjou Yussupov e dei Khanati di Morea (Puoti) discendente di Federico II ed Isabella d'Inghilterra, e' Sovrana dell'Orda D'oro ,in virtù dellasua discendenza da Gengis Khan per triplice prosapia.IlTermine Khan, come conferma anche la studiosa Brunelli,significa Forte, Potente,epitome di Oceano (Poto da cui i Puoti ). Profondi legami esitono tra la cultura federiciana e quella di Gengis Khan, che fu cultore della Pace e fratellanza tra i Popoli,ed iniziato ai misteri dell'invisibile attraverso tradizione dei Buriati e Scaiamani. Secondo Tacito infatti gli Svevi avevano la medesima tradizione dei Buriati,ceppo sarmatico insubrico longobardo,tra cui ilculto del Grifone che fu l'avito totem degli Hohenstaufen o Buren
> - I CHING (YI JING)

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Data: 04/06/2009
La presa di potere dei Mongoli in Cina: Gengis Khan e la formazione della dinastia Yuan
di Caterina Brunelli

PRIMA PARTE


Dopo aver devastato il regno dei Jin (1234), i Mongoli si diressero verso ovest e sud–ovest. Nel 1276 Hangzhou cadeva definitivamente sotto i colpi inferti dalla nuova potenza, e tre anni più tardi la dinastia dei Song Meridionali (1127-1279) cessò definitivamente di esistere: Qubilai Khan (1215–1294) aveva sottomesso la corte cinese fondando la nuova dinastia Yuan (1279–1368).



La comparsa dei Mongoli



Le conoscenze che abbiamo riguardo la prima storia dei Mongoli sono piuttosto frammentarie e lacunose, perlomeno fino all’epoca di Gengis Khan (1167–1227)[1].

I dati disponibili attestano che a seguito della sconfitta del regno di Liao (907-1125) da parte dei Jurchen, nei territori compresi tra il deserto del Gobi e la Mongolia si diffuse una sorta di “pacifica anarchia”[2], in conseguenza del frazionamento territoriale e della mancanza di un potere centrale formalmente istituito.

I Mongoli propriamente detti risiedevano allora nella Mongolia nord–orientale, nei pressi del fiume Kerulen; la loro origine va fatta probabilmente risalire alla popolazione degli Shiwei[3], anche se diversi studiosi hanno mostrato pareri contrastanti considerandoli discendenti diretti dei Xiongnu o dei turchi Tujue[4].

Stando a quanto riportato dalle cronache ufficiali cinesi, in epoca Tang (618-907) vi erano più di nove tribù denominate Shiwei che risiedevano nei territori della Cina nord–orientale, tanto che la corte imperiale istituì un Comando apposito con il compito di controllare queste popolazioni. Tra il VI e l’VIII secolo, poi, le prime tribù mongole caddero progressivamente sotto la sovranità di turchi ed uiguri; nella fase immediatamente successiva i Menggu Shiwei iniziarono i loro movimenti di espansione dall’ansa dell’Amur verso occidente: seguendo il corso del fiume Erguna percorsero le steppe dell’Hulun Nur stabilendosi infine lungo le rive dei fiumi Onon e Kerulen e dando origine ad una civiltà nomade di tipo pastorale.

A partire dal X secolo questa ed altre popolazioni vennero poi raggruppate sotto il controllo della dinastia Liao.

Nei secoli XI e XII l’altopiano mongolo ospitava diverse confederazioni – a fianco ed in contrasto con i Mongoli – quali i Tatar, i Merkit, i Kerait, i Naiman e gli Onggut[5]: fu in questo clima di precarietà ed instabilità sociale che emerse la figura carismatica di Gengis Khan, il più grande conquistatore di tutti i tempi.


Gengis Khan e l’Impero



Temujin (o Temujen), il futuro Gengis Khan, nacque nell’anno 1167 a Deligun–Boldak, alle sorgenti del fiume Onon, presso i monti Kentei non lontani dall’odierna capitale mongola Ulaanbaatar (Ulan Bator).





Suo padre, il nobile Yesugei del clan dei Borjigin, aveva riunito attorno a sé un considerevole gruppo di tribù rimaste senza guida, ed era stato riconosciuto capo supremo da alcuni principi di sangue reale riuscendo a creare una prima, considerevole potenza mongola.
Sposato ad una donna di nome Ho’elun, sottratta ad un capo della tribù dei Merkit,[6] ebbe da lei quattro figli maschi ed una femmina; altri due discendenti gli furono dati da concubine.

Nell’anno 1167 Yesugei era impegnato in una guerra contro i Tatar, nel corso della quale riuscì a catturare il capo nemico Temujin, battezzando poi il neonato che nacque di lì a poco con lo stesso nome[7].

Nove anni dopo, pensò di consolidare l’alleanza stipulata col Khan Töngril dei Kerait per mezzo di un’alleanza matrimoniale che prevedeva l’unione di Temujin con la figlia del capo Konggirat, Börte. Nel corso del viaggio intrapreso per condurre suo figlio in territorio Kerait, Yesugei venne inaspettatamente avvelenato dai Tatar, non dimentichi delle numerose sconfitte inflitte loro negli anni precedenti: grazie alla robusta costituzione, riuscì a ritornare nelle proprie terre, dove morì avendo però messo in salvo Temujin.

Tre anni più tardi quest’ultimo perse anche la madre e venne messo al bando dei membri del suo stesso clan, che non volevano riconoscerlo come capo a causa della debolezza fisica che lo differenziava notevolmente dal padre. Iniziarono così anni di stenti e povertà, durante i quali Temujin poté contare soltanto sull’appoggio di pochi, fidati compagni che lo videro diventare un guerriero completamente formato, sano e robusto, da cui emanava un forte carisma[8].



A seguito del matrimonio con Börte Temujin poté avvalersi della forza d’urto dei guerrieri Kerait, che accrebbe enormemente la sua potenza per cui gli venne accordata la protezione dello stesso Töngril, Khan dei Kerait già alleato di Yesugei[9]. Poco tempo dopo Börte venne rapita dai Merkit, per vendicare l’affronto subito al momento del ratto di Ho’elun, e donata ad un capo locale: Temujin, appoggiato dai Kerait e dal capo mongolo Jamuka[10], reagì distruggendo i Merkit e riportando a casa la propria sposa.





La sua ascesa era ormai inarrestabile e per questo i Mongoli, che non erano riusciti a darsi un assetto unitario sotto un capo supremo, lo elessero tale col nome di Gengis Khan (o Čingiz Khan), titolo che lo configurava come “Khan–Oceano”, sovrano universale[11]. In questa stessa occasione egli scelse il proprio vessillo, un’asta dalla quale pendevano nove (numero dalla simbologia magica) code di yak bianchi[12].

Dopo l’elezione, Gengis Khan mantenne le vecchie alleanze, come quella con i Kerait, sottomise definitivamente i Tatar con l’aiuto dei Jurchen superstiti, e conquistò l’assoluta egemonia tra i popoli nomadi grazie anche alla coesione interna di cui godevano i suoi Mongoli[13].

Nonostante tutto il suo crescente prestigio finì per inimicargli una parte dell’aristocrazia nobile, che ben presto gli contrappose Jamuka, rivoluzionario che agiva esclusivamente nell’interesse del popolo[14] e che era intervenuto a fianco di Temujin perché vedeva in lui un ribelle, un oppresso, vittima di una sorte immeritata.

Appoggiato dai Kerait di Töngril, Jamuka riuscì a danneggiare sensibilmente il potere organizzato di Gengis Khan che fu costretto a riparare a nord, da dove scagliò una controffensiva che portò allo sterminio dei Kerait e alla cattura del loro Khan, poi giustiziato; Jamuka riuscì a fuggire, diventando un oppositore implacabile di colui che era stato suo “fratello di sangue”[15].

Dopo aver punito i Naiman (1204), sobillati alla rivolta dallo stesso Jamuka, Gengis Khan venne nuovamente invitato a presenziare al kuriltai (assemblea dei nobili mongoli) che gli rinnovò il mandato di comandante supremo (1206): l’unificazione dei popoli mongoli, affiancati da tribù di origine turca, era stata completata.



A seguito di questa seconda elezione furono molti gli stati che vollero confederarsi alla potenza mongola: i Turchi Uighur di Turfan, che sarebbero andati a formare le file della cancelleria del nuovo impero[16], gli Onggut, gli Oirat e i Kirghisi.

A partire dal 1209 Gengis Khan si dedicò a diverse campagne militari: cacciò i Tanguti dal Gansu, il cui sovrano riconobbe la suprema sovranità mongola, attaccò i Ningxia[17] presso la capitale Zhongxing e successivamente, essendosi assicurato una via d’accesso alla Cina settentrionale attraverso lo Shaanxi, diede l’avvio al progetto di distruzione dell’impero Jin[18] (1115-1234).

Conquistata Liaoyang (1212), le truppe gengiskhanidi giunsero alle porte di Zhongdu (nell’area dell’odierna Beijing), che non cadde grazie alla robustezza delle fortificazioni. La capitale cinese venne allora trasferita a Kaifeng, Henan: i Mongoli considerarono il cambiamento di sede come una dichiarazione di guerra e due anni più tardi attaccarono e distrussero Zhongdu. Sette anni dopo, il dominio Jin era ridotto al solo Henan e a parte dello Shanxi.

Dopo aver assorbito ciò che rimaneva dell’impero Jin (1218), la Serindia, il Kazachstan e il bacino dell’Ili erano oramai ridotti a possedimento mongolo, il cui confine correva lungo il Khwarezm dello Shah Muhammad: avendo quest’ultimo preso in ostaggio e torturato una carovana di commercianti mongoli allo scopo di estorcerne informazioni sulla tattica militare adottata dal loro capo supremo, Gengis Khan intervenne e nel 1220 riversò le proprie truppe su Bukhara, che si arrese incondizionatamente.

Dopo Bukhara fu rasa al suolo Samarcanda, mentre Balkh (ex Bactria) ed Herat vennero depredate. L’anno seguente cadde anche Nishapur[19], seguita da Bamiyan e Merv. Il principe ereditario del Khwarezm venne sconfitto presso le rive dell’Indo e riparò a Delhi.

In seguito un ramo dell’esercito gengiskhanide si diresse verso oriente dilagando nelle steppe della Russia meridionale, le cui milizie locali vennero facilmente sopraffatte (31 maggio 1222); sconfitti i Bulgari del Volga e i Turchi Kankli degli Urali le truppe si riunirono alle armate guidate da Gengis Khan, che tornava in Mongolia dopo la vittoriosa campagna d’Iran. Tutta l’Asia centrale, l’Iran orientale, la Mongolia e parte della Cina erano ora sotto il suo diretto dominio.






Il 18 agosto 1227, all’età di sessanta anni, il Khan supremo moriva per una caduta da cavallo avvenuta durante una caccia all’orso. Il suo corpo fu trasportato sul Burkan Kaldun, la montagna sacra dei mongoli, ed ivi sepolto[20].








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[1] Alcune informazioni sono state riportate da storiografi arabi, come Rashid–ud Din, e cinesi, che si rifacevano quasi certamente all’Altan Debter (Il Libro d’Oro), fonte mongola andata poi perduta. La parte principale del libro in questione fu conservata all’interno del testo cinese Shengwu Qincheng Lu, in base alla quale veniva redatta la biografia ufficiale di Gengis Khan al tempo della dinastia Yuan. Cfr. Bussagli M., “Gengis Khan e la potenza mondiale”, cap. IV, in Idem, Petech L., Muccioli M. (a cura di), Asia Centrale e Giappone, Nuova Storia Universale dei Popoli e delle Civiltà, vol. XX, Torino, 1970, pp. 1-234, p. 153.

[2] Ibidem.

[3] Gli Shiwei erano un popolo di antiche origini la cui economia era basata essenzialmente sulla lavorazione di ferro e pellame, che probabilmente giunsero nella Cina nord – orientale alla fine dei Xia, a seguito della conquista Shang dei territori dell’Henan. Il termine Shiwei potrebbe essere la traslitterazione del nome Xianbei, così come Menggu, o “Mongolo” deriva direttamente dal nome che indicava i capi Wuhuan, e significa letteralmente “il guerriero coraggioso che non conosce paura”. Nel linguaggio mongolo il termine shiwei viene tuttora tradotto come “paese di foreste”, e originariamente venne assunto dalle tribù in questione ad indicarne il ruolo di dominatrici della foreste della Mongolia Interna. Cfr. Kessler A.T. (a cura di), Empires Beyond the Great Wall, the Heritage of Gengis Khan, Los Angeles, 1994, pp. 145–146.

[4] Come sottolineato da Kessler è opinione diffusa, tra gli studiosi mongoli, considerare i loro antenati quali discendenti dei Xiongnu, mentre invece gli storici russi hanno avanzato l’ipotesi di una derivazione dal ceppo turco dei Tujue, che durante il periodo Tang si erano distinti tra i popoli dominatori dell’area delle steppe per la fierezza e la ferocia dimostrata. A sostegno di questa ipotesi stanno i molti elementi del linguaggio mongolo che derivano direttamente dal turco, anche se lo studioso cinese Lin Gan (1989) ha evidenziato forti legami linguistici, cronologici, geografici e culturali che ci portano a credere che i Mongoli derivino dalle tribù Shiwei del ceppo degli Hu Orientali. Ivi, p. 145.

[5] I Tatar erano una popolazione di combattenti ferocissimi di origine incerta che entrarono a più riprese in contatto con i Mongoli, a volte come sottomessi ed altre volte in qualità di nemici duri e ostili. Gli autori musulmani ed europei contemporanei che ebbero a trattare con i Mongoli, spesso finivano per identificare questi ultimi con i Tartari loro nemici, proprio in virtù dello sprezzo della vita da essi dimostrato. Nacque a questo proposito l’uso europeo di indicare i Mongoli col nome di Tartari: in un contesto ove il mongolo per il suo stesso aspetto esotico e terrorizzante era di per sé sinonimo di cattiveria e crudeltà, l’utilizzo di un termine quale “tartaro” era senz’altro sbagliato ma nonostante tutto altamente significativo. Gli Onggut erano invece legati al clan dal quale proveniva lo stesso Gengis Khan da una politica di alleanza matrimoniale; come i Tatar, erano in gran parte nestoriani. Le due massime potenze nomadi dell’epoca erano tuttavia i Naiman ed i Kerait: i primi avevano fatti propri molti elementi mongoli pur essendo di origine turca, ed erano famigerati per l’abilità dei guerrieri e la bellezza delle donne; i Kerait, stanziati nella valle dell’Orkhon, erano invece formati da una confederazione di più clan di origine turca riuniti sotto la reggenza di una famiglia principesca, che dominarono per almeno tre generazioni il territorio dell’odierna Mongolia centrale. Cfr. Bussagli M., 1970, op. cit., pp. 153 – 154, e Idem, "La Via dell’Arte tra Oriente e Occidente, due millenni di storia", Art Dossier n. 8, Firenze, 1986, p. 43.

[6] I Merkit erano una popolazione di antica origine, precedentemente alleata del generale Qidan Yelu Tashi. Quest’ultimo si trovava a capo del distaccamento che, a seguito della distruzione del potere Qidan ad opera dei Jin (1114 circa), era riuscito ad allontanarsi verso ovest e a conquistare le città di Kashgar, Khotan e Beshbalik, grazie anche all’aiuto prestato dai mongoli. Battuti i Turchi Seljukidi presso Samarcanda (1141), Yelu Tashi rafforzò ulteriormente la potenza Qidan fino a creare una svolta a carattere religioso decisamente importante: l’irruzione, in un territorio islamizzato, di gruppi prevalentemente buddhisti e nestoriani (tali erano i Qidan), che portò alla creazione del mito occidentale del “Prete Gianni”. Nel 1145 il cronista Ottone di Frisinga ed un vescovo siriano si incontrarono a Viterbo: in questa circostanza il vescovo raccontò la storia di un re – sacerdote, discendente dei Magi e signore di un impero cristiano in Asia centrale, che alcuni anni addietro avrebbe sconfitto i musulmani di Persia dando un considerevole aiuto alla lotta cristiana in Oriente. L’allusione alla vittoria riportata da Yelu Tashi a Samarcanda era del tutto legittima, anche se sull’effettiva cristianità del generale si possono ragionevolmente sollevare alcuni dubbi. In ogni caso il Gurkhan (Signore del Mondo) Yelu Tashi era certamente avverso ai musulmani, e poteva quindi apparire facilmente, agli occhi dei sudditi “barbari” ancora legati ad una forma di religiosità sciamanica, come un re – sacerdote. Dal fatto storico nasce la leggenda: Yelu Tashi divenne il “Prete Gianni”, sovrano di un regno asiatico ricco e prospero, abitato da uomini longevi e felici, governati da una figura carismatica che non aveva esitato a rinunciare al lusso pur di divenire il mediatore diretto tra il suo popolo e Dio. Probabilmente il nome “Gianni” deriva dal termine cinese Wang (Re), attribuito al sovrano Qidan come appellativo più confidenziale rispetto a Gurkhan, e dalla denominazione sempre cinese di Han, corrispettivo del mongolo Khan. L’appellativo Wang – han, “Khan – re”, probabilmente fu poi trasformato in “Gianni “ o “Giovanni”. Cfr. Bussagli M., 1970, op. cit., pp. 143 – 147.

[7] Secondo la leggenda, Gengis Khan al momento della nascita presentava un coagulo di sangue nel palmo della mano, segno di buon auspicio per cui era destinato a divenire un eroe. Considerato diretto discendente del Grande Lupo Azzurro, mitico progenitore della stirpe mongola, aveva inoltre la “macchia caudale”, una chiazza nero – azzurra della zona coccigea caratteristica delle popolazioni mongole, destinata a scomparire con la crescita e considerata simbolo di virtù e potenza. Cfr. Kessler A.T. (a cura di), op. cit., p. 147, e Fiussello N., Romano, M.C., Mongolia, l’eredità di Gengis Khan, Roma, 1997, p. 12.

[8] “Dalla sua persona emanava un fascino particolare, diciamo una specie di magnetismo, molto più vicino al prestigio di un animale che guidi un branco che ad un vero ascendente morale e spirituale sui propri fedeli, ferma restando l’indiscutibile ammirazione di tutti per il suo coraggio. (…) Il carattere di Temujin, anche quando sarà divenuto il padrone del mondo, resterà sempre lo stesso: non si arrenderà mai e non avrà mai il senso dell’impossibile, della sconfitta ormai inevitabile, (…) riuscirà a risolvere situazioni disperate e radunerà intorno a lui un pugno di guerrieri fedelissimi e spregiudicati, ribelli al mondo che li circondava, compagni inseparabili delle sue prime, straordinarie imprese”. Cfr. Bussagli M., 1970, op. cit., pp. 156 – 157.

[9] Quella di Töngril fu una manovra politica davvero abile: abbandonato il titolo di Khan per assumere quello cinese di Wang, più prestigioso e maggiormente consono alla sua corte sinizzata, egli si preoccupò di includere Temujin tra i suoi alleati per godere della potenza conseguita dai Mongoli ed accrescere così anche la propria. Da parte sua Temujin decise di offrire a Töngril una preziosa pelliccia di zibellino, ricevuta in occasione delle nozze, rivelando uno straordinario intuito diplomatico. Ibidem.

[10] Dopo questa impresa Jamuka divenne “fratello di sangue” (anda) di Temujin, attraverso un rito in cui entrambi mescolarono il proprio sangue entro una coppa e ne bevvero il contenuto. Fu questo un atto spontaneo da parte dei due contraenti, i cui rapporti politici ed affettivi sarebbero poi mutati sensibilmente a seguito delle circostanze e delle divergenze caratteriali. Ivi, p. 158.

[11] Alcuni studiosi fanno risalire l’origine di questa titolatura ad un aggettivo traducibile come “forte”, “inflessibile”, “severo”, senza escludere ulteriori riferimenti allo Spirito della Luce adorato dai Mongoli, il quale sarebbe stato scelto per ricambiare il favore che gli sciamani avevano sempre accordato a Temujin. Ivi, p. 159.

[12] In seguito l’asta in questione avrebbe segnalato la presenza di Gengis Khan sul campo di battaglia. Cfr. Fiussello N., Romano M.C., op. cit., p. 13.

[13] La società mongola, per quanto divisa in tribù e clan, presentava al suo interno una strutturazione gerarchica in classi sociali che collaboravano per la comune prosperità. L’aristocrazia guerriera ed i combattenti rappresentavano il vertice della scala sociale, sotto cui stavano i lavoratori meno abbienti e gli schiavi. La vita religiosa era dominata dalla figura dello sciamano, conoscitore della vita magica come di quella politica, e responsabile dell’ordine psicologico delle masse. La nobiltà non era soltanto ereditaria, ma poteva essere acquisita per mezzo delle qualità del singolo individuo il quale, se appariva agli occhi della comunità inadatto o fisicamente e mentalmente tarato, poteva venire allontanato e costretto a vivere ai margini della legalità. Nel processo di designazione del capo supremo, il diritto di voto era limitato ai soli nobili. Cfr. Bussagli M., 1970, op. cit., p. 160.

[14] L’indole di Temujin era sensibilmente differente da quella di Jamuka già al tempo della loro fratellanza: mentre l’uno seguiva sulle montagne le mandrie di cavalli (il cavallo era l’arma da guerra per eccellenza della nobiltà), l’altro si fermava a valle con i pastori e la fanteria. Ivi, p. 161, a proposito dell’osservazione dello studioso Vladimirtsov.

[15] La sorte di Jamuka è tuttora poco chiara: le fonti mongole sono concordi nell’affermare che fu preso e giustiziato per mano dello stesso Gengis Khan (1205), ma lo storico musulmano al Juwaini in una sua cronaca riporta la storia di un certo Gurkhan, già intimo di Gengis Khan, che avrebbe fiancheggiato i musulmani nella disperata difesa di Bukhara (1220) restandone ucciso. Ivi, p. 162.

[16] L’amministrazione era stata affidata ai Turchi per la stima di cui questi godevano, e per il riconoscimento di essere i depositari di una civiltà maggiormente evoluta. La loro esperienza era messa a servizio dell’impostazione mentale mongola, come del resto rivela l’ammonimento rivolto da un consigliere allo stesso Gengis Khan: “Il mondo si può conquistare a cavallo, ma bisogna scenderne per governarlo”. Allusione, questa, alla pratica dell’ “uccisione della terra” messa in atto dalle truppe mongole, che tendeva a sostituire l’economia nomade a quella agricola trasformando in deserto e pascolo il terreno di cui ci si impadroniva. Le capacità di ripresa dei vinti venivano in questo modo drasticamente ridotte, rivelando al contempo l’assoluta mancanza di comprensione, da parte mongola, delle creazioni proprie delle civiltà sedentarie. Ivi, pp. 165, 168.

[17] I Ningxia appartenevano alla stirpe tibetana anche se erano stati fortemente sinizzati. Battuti da Gengis Khan, accettarono di pagare un sostanzioso tributo e di inviare una principessa in sposa presso la corte mongola. Cfr. Kessler A.T., op. cit., p. 148.

[18] I Mongoli si erano trovati per più di un secolo sotto la sovranità nominale dei Jin. Consci dei dissidi interni che avevano cominciato a minare la stabilità della dinastia almeno dalla fine del XII secolo, colsero l’occasione per affrancarsi dalla loro scomoda posizione e per entrare in territorio cinese. Ibidem.

[19] Le fonti riportano a proposito la suggestionante notizia dell’erezione di tre piramidi di teste recise: quella degli uomini, quella delle donne e, ultima, quella dei bambini. Sembra che i soldati mongoli infierissero addirittura su cani e gatti. Cfr. Bussagli M., 1970, op. cit., p. 170.

[20] Il cadavere, scortato da mille cavalieri parati a lutto, venne portato su monti Kentei presso il suo luogo di nascita. Suo figlio Ögödei (1229 – 1242) “fece sacrificare le quaranta donne più belle dell’impero, immensi tesori, centinaia di cavalli e la scorta ebbe l’ordine di non lasciare alcuna traccia di vita, umana o animale, sul percorso compiuto dal feretro. Il pianto per la morte del capo doveva essere atrocemente universale”. Ivi, p. 171.




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(27/10/2009)
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Presentazione del Libro "Hayao Miyazaki, le insospettabili contraddizioni di un cantastorie"
(30/10/2009)
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Le Ragioni dell'incontro tra Viaggi di Cultura e VersOriente
(31/10/2009)
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venerdì 24 aprile 2009

Dynasty Puoti von Castrum Komne Komneno Paleologo


Dinastia Puoti

Khan , Visir , Principi -Despoti di Bisanzio
Poto o Puoti
Genealogia di Tommaso Paleologo Comneno di Castrum Komne o Poti ,discendente dei Comneno Paleologo Angelos Ducas , linea di Flavio Isacco Comneno , pronipote di Poto , figlio di Adelchi che a Costantinopoli muto' nome in Flavius Gaius Potior Teodatis di Castrum Poti o Castrum Komne da cui Comneno-
(Primogenitura maschile )
Vassili Manuel Andrea Poto Despota e Khan di Castrum Komne -Comneno Paleologo , nipote di Tommaso Paleologo Despota di Morea-Ambasciatore di Mehmet a Venezia e ad Amalfi - 1479-1533 sposa Pulcheria d'Aragona
Giovanni Maria Ivan Poto Seniore o Jeronte Paleologo 1504 -1582 sposa 1)Elena Ventimiglia Lascaris
sposa 2)Elena Comneno Angelo Ducas
Tommaso Emanuele 1532-1598 sposa Sibilla d'Avalos Aragona
Andrea Ruggero 1563-1620-sposa Sofia Dolgoruky
Giovanni Maria 1592-1668-sposa Charlotte D'Angoulemme
Tommaso Poto 1638-1712-sposa Lucrezia Carafa Caracciolo
Carlo Maria Poto 1668-1772-sposa Ginevra Pignatelli d'Aragona
Basilio Giovanni Maria Tommaso 1701-1790 sposa Sofia Putiatina
Giovanni Maria 1730-1812-sposa Isabella Colonna di Stigliano
Vassili (Basilio)Gian Maria Giuseppe 1759 -1830-sposa Elisabetta Pallavicini
Emanuele Giovanni 1786-1858 Luise de Bourbon
Tommaso Giuseppe 1810-1854 Charlotte von Hannover
Giovanni Maria Puoti 1838-1869-sposa Eleonora Caracciolo Orsini
Giuseppe Basilio Giovanni -sposa Angela Maria Isabella Costanza -Colonna Conte Caetani
Giovanna Puoti -sposa Vincent Avril de Burey Anjou Hohenstaufen Plantagenet(italianizzato nel 1873)
Giuseppe Aprile von Hohenstaufen Puoti -sposa Filli Allegro d' Alegre de Hochstaden de Hostade de Bourbon Tourzel
Figlie:
GIOVANNA sposa Roberto Maria Macedonio principe duca di Grottolella -Marchese di Ruggiano -
ROSEMARIE sposa 1) E. Alaric Veruli Saxe Coburgo Gotha -principe di Tessaloniki -2)Vincenzo Maria Macedonio duca di Grottolella , principe di Costantinopoli , marchese di Ruggiano , barone di Poligori.
Yasmin - vedova Frederich Ernest von Hohenzollern principe di Turingia
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Puoti Dynasty
Princes Puoti von Castrum Poto Canmore Comneno of Castrum Komne Paleologue

mercoledì 18 marzo 2009

Emperor Constans Louvre

Re Desiderio legittimo erededi Costantino

Questa è

La pièce teatrale "La Divina Commedia di Adelchi"di Yasmin von Hohenstaufen ,Regista V. di Bonaventura tratta della fuga di Adelchi a Costantinopoli, unitamente al figlio Poto da cui i principi Puoti di Castelpoto(BN)
utente anonimo

#3 21 Agosto 2008 - 07:04

Il figlio dell'ultimo re longobardo Desiderio(Pothos), Re Adelchi,o Adalgiso, fuggi' a Costantinopoli ove fu accolto amichevolmente(era un discendente di Costantino e degli imperatori Potior Valens Valentiniani), inoltre gli fu dato il nome di Teodate(Flavius Gaius Teodatis Potior,) e lo si tenne pronto, come possibile pretendente ,unitamente al Figlio Poto di Castrum Komne, da cui Comneno di Castrum Poti.(Costantinopoli e Poti in Georgia) Bisanzio la seconda Roma ed. Newton Compton di Ralph Johannes Lilie
utente anonimo

#4 21 Agosto 2008 - 07:09

Flavio Isacco Comneno di Castrum Poti (dal nome dell'avo Poto, figlio di Adelchi) o Kastamono (da Castrum Monoikos dedicato ad Eracles Monoikos , culto della gens Potitia , da cui Comneno discendeva. The last centuries of Bisantium (Cambridge 1987)
utente anonimo

#5 12 Settembre 2008 - 16:33

Meeting Muses su 5 Agosto 2007 at 08:36:

Meeting of muses

In Autunno a Napoli
Un’inedita Divina Commedia ha debuttato a Monsampolo del Tronto.
Monsampolo Del Tronto | Si tratta della Divina Comedia di Adelchi della Principessa Yasmin. Regista, Vincenzo Di Bonaventura.

di Paride Travaglini

Il 28 Luglio al Teatro Comunale di Monsampolo del Tronto ha debuttato la Divina Commedia di Adelchi di Princess Yasmin von Hohenstaufen con il Regista attore Responsabile del Teatro e Founder del Teatro Aikot27 Vincenzo di Bonaventura definito dal Green Princes Trust, “il piu’ grande attore vivente.”

L’opera e’ ispirata ad documenti storici relativi a Queen Ansa ,madre di Adelchi , ritrovati dall’autrice filologa drammaturga negli archivi dei Duchi di Wessex, suoi avi.
La Principessa Yasmin li ha plasmati in tragedia riadattati in lingua italiana .Un’opera raffinatissima cui la critica e’ particolarmente grata.

La Regina Ansa era moglie di Re Desiderio,nonna di Re Poto capostipite dei Principi Puoti e discendeva dagli antichi Re Pendagrom del Galles e dai Caractago, antenati dei duchi di Wessex e della stessa principessa Yasmin, pronipote di Re Desiderio. E’ verosimile che tali documenti storici facessero parte del patrimonio archivistico di Lord Wessex che intendeva farne dono a William Shakespeare , per trasformarli in opera teatrale.

Non si comprende come mai non siano pervenuti al drammaturgo. L’opera parla della tragedia di Adelchi, ma in modo più fedele, rispetto alla vicenda del Manzoni. La principessa Yasmin, visto che William Shakespeare non poteva più utilizzare tali documenti per l’opera , ne ha fatto uno straordinario dramma teatrale.

30/07/2007

n Ottobre a Napoli

Meeting of Muses su 29 Ottobre 2007 at 13:10:

servizio.regioni@adnkronos.com

La Divina Commedia di Adelchi tratta da Historia Potorum ed. Alke’ della principessa Yasmin von Hohenstaufen,Regista sir Vincent di Bonaventura svela il mistero della scomparsa della salma di Re Desiderio:fu Papa Alessandro Borgia a trafugarla , notte tempo ,dalla chiesa di Santa Margherita a Paesana (Cuneo)- per un rito diabolico.Le fonti che confermano tale tesi nell’archivio dell’Arcivescovo di Amalfi Antonius Puoti, vissuto nella meta’ del 1700, discendente di Re Desiderio. Abbattere la tomba di Re Desiderio, da parte di Papa Borgia significava minare il carisma della discendenza di Costantino.
a cura della prof R. Macedonio
fondazione longobarda
3394519134

La Divina Commedia di Adelchi , pièce teatrale della principessa Yasmin von Hohenstaufen, regista Vincent di Bonaventura Teatro Aikot 27
Il 1493 , degli emissari inviati da papa Alessandro Borgia, trafugano la salma di Re Desiderio dalla chiesa di Santa Margheria a Peysanne, l’avita Curtis Regia di Re Desiderio, attuale Paesana, in provincia di Cuneo
.

Re Desiderio, vi era tornato ,ormai vecchio, verso la fine del 700 prima dell’anno mille,dopo la lunga prigionia nel monastero di Corbie,in Francia, ea causa dell’alleanza tra papa Stefano e Carlo Magno,che aveva portato alla sconfitta Re Desiderio (750), accecato per ordine dello stesso genero Carlo Magno che lo tenne prigioniero a Corbie., inducendo Paolo Diacono, biografo di Re Desiderio “a manipolare la storia, dopo averlo accecato e reso prigioniero in un monastero.
Cosa induceva il Papa Alessandro Borgia, il papa peccaminoso,oltemodo ambizioso e crudele, padre di oltre 20 figli naturali ed alcuni incestuosi, a perdere il suo tempo a violare la salma di Re Desiderio morto verso la fine del 700 prima dell’anno mille?
Semplice:il sarcofago era diventato oggetto di venerazione da parte di umanisti che insieme con Lorenzo Valla sostenevano che i legittimi eredi di Costantino erano Re Desiderio ed i suoi discendenti e non la chiesa, in quanto la donazione di Costantino alla Chiesa era un falso!
La stessa discendenza in esilio, presso la repubblica Marinara di Amalfi di Giovanni Comneno di Poti e Giorgio figlio di DavideII Comneno di Poti, in Georgia, Impero di Trebisonda , Comneno di Poti., si recava in venerazione sulla tomba dell’avo Re Desiderio.

+
La venerazione di Re Desiderio, di cui la santita’ e generosita’ era divenuto un mito,ritenuto un martire e santo, minava il potere assoluto temporale e spirituale di cui i Papi si erano fatti forti , prima dellla scoperta di Lorenzo Valla, proprio in un momento in cui Alessandro VI
era arbitro della spartizione del nuovo continente tra Re Cristiani di Spagna e Portogallo. Quindi,in modo proditorio, il potere imperiale concesso da Costantino, attraverso una manipolazione della chiesa si estendeva oltre i confini del nuovo mondo, legittimando anche in esso il potere della chiesa.
La dinastia dei Comneno di Poti (Georgia)derivava da Flavio Isacco Comneno di Castrum Poti o Castrum Komne ,ascendeva, infatti, attraverso il nipote di Re Desiderio, Poto, figlio di Adelchi, proprio da Costantino.Dpo la sconfitta dei Longobardi , Re Adelchi ed il figlio Re Poto , si rifugiarono a Costantinopoli,edificando Castrum Komne, in turco Poto, potente, despota, mutando il nome in Flavius Jovius Teodatis Patricius Romanorum et Bisantii. Nel 1491 tale dinastia detta Comneno di Poti Jerontes Paleologo (nel senso di Vecchio, forte, Potente)era ancora vitale nei vari ambasciatori delle repubbliche marinare che contendevano la leadership al papa e mutaval ‘epiteto di Poto in Puoti di Castrum Komne o Castelpoto.
Distruggere l’oggetto del mito, ossia la salma di Re Desiderio,

battendo il muro della sua tomba, con degli emissari, guidati da alcuni Farnese , figli naturali del Papa
Conferma di tale trafugamento , si trova negli archivi dell’ambasciatore duca Alessandro Macedonio presso il papa Borgia a Fiordimonte, nella Fortezza del castello di Alfi , ma anche in varie cronache tra cui, quelle di

IACOBI de AQUIS Chronicon imaginis mundi, p. 1493 (”Fuit autem rex Desiderius per multos annos in confinibus in civitatem Vienne in Gallia. Tamen ultimo sibi conceditur quod in Lombardia revertatur et habitet in valle Padi, in villa que dicitur Peysanna ultra Revellum et citra montem Vesulanum. Et ibi vitam finivit. Corpus autem positus fuit in ecclesia sancte Margarite in monumento eiusdem ville. Sed postmodum multo tempore transacto, aliqui de Papia illuc vadunt, et nocte circa monumenttum faciunt vigiliam, et dormiente sacerdote monumentum frangunt et ossa inde accipientes Papie portaverunt”).

Papa Alessandro VI fece riferimento alla Donazionedi Costantino per giustificare il suo intervento nella disputa tra Spagna e Portogallo sul dominio del Nuovo Mondo, concretizzatosi nell’emissione della bolla papale Inter Caetera nel 1493. La supposta donazione di Costantino includeva infatti le isole della ‘parte occidentale’ dell’Impero Romano e all’epoca dell’emissione della bolla non era certo ancora noto che i nuovi territori, frutto di recentissime scoperte, si sarebbero rivelati essere un nuovo continente; sicché l’intero oceano Atlantico, con le nuove ‘isole’, vi era considerato parte dell’antica metà.
Anche Dante fu ingannato sulla Donazione di Costantino, al punto che Famoso ed illustre il giudizio negativo dato da Dante Alighieri, benché anch’egli convinto dell’autenticità del documento, sugli effetti della donazione:

« Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre! »
(Inferno XIX, 115-117)

Gli studi storici Nel 1440 l’umanista italiano Lorenzo Valla, sulla scia delle pesanti perplessità già espresse pochi anni addietro dal filosofo Nicola Cusano, dimostrò in modo inequivocabile che la donazione fosse un falso. Lo fece in un approfondito, sebbene tumultuoso studio storico e linguistico del documento, mettendo in evidenza anacronismi e contraddizioni di contenuto e forma: in particolare, ad esempio, egli contestava la presenza di numerosi barbarismi nel latino, dunque necessariamente assai più tardo di quello scritto al IV secolo. Altri errori, come la menzione di Costantinopoli, allora non ancora fondata, erano addirittura più banali.
Verso il 1440,L’umanista Lorenzo Valla svela che la Donazione di Costantino e’ falsa!Tuttavia
l’opuscolo del Valla, De falso credita et ementita Constatini donatione declamatio (’Discorso sulla donazione di Costantino, altrettanto malamente falsificata che creduta autentica’), poté essere pubblicato solo nel 1517 ed in ambiente protestante, mentre la Chiesa cattolica difese ancora per secoli la tesi dell’originalità del documento. Il dibattito successivo sulla datazione e sull’origine della falsificazione si è mosso su ‘piste’ differenti: l’ubicazione della tradizione manoscritta, l’uso strumentale che i potenti fecero del documento, l’individuazione di motivi leggendari nel testo del Constitutum, sono tutti argomenti che si è cercato di sfruttare al meglio per dare una risposta.
Cio’ non proibi’ al Papa Borgia di prendere le opportune cautele.
Nel 1493 Il Papa Alessandro VI Borgia , invia di notte emissari per trafugare la salma di Re Desiderio, oggetto di culto di umanisti a Peysenne , alle sorgenti del Po , presso la chiesa di Santa Margherita,(attuale Paesana in provincia di Cuneo)ove Re Desiderio, ormai vecchio e cieco , si era rifugiato, dopo che , ormai inoffensivo gli era stato concesso di uscire dalla prigionia del Monastero di Corbie in Francia, ove lo deteneva il genero Carlomagno, dopo aver unitamente a Papa Stefano usurpato il Regno dei longobardo ed i carismi di Costantino, di cui Re Desiderio era legittimo erede .

Pergame bizantine :i discendenti dei Comneni e Paleologo chiamavansi Des Pota !


Des Pota , or Despotus , da Potus or Poto von Castrum Poti or Komne , Comneno von Castamono(Castrum Eracles monoikos , culto della gens Potitia ddi cui erano custodi i Puoti)

L'icona s'ispira allo stemma dei Puoti, discendenti di Costantino, rappresenta infatti Costantino che doma con il braccio il leone rampante!

L'icona Costantino doma il leone, e' piu' nota come "Nec Laeditur ",motto dei Principi Visir Khan duchi Puoti

La donazione dei Mulini di Re Desiderio .Ritratto di Famiglia




E' presente Re Desiderio, il figlio di Re Adelchi , Re Poto, poggia la testa sulla spalla destra del padre Adelchi , per indicare la condivisione longobarda del Regno, da parte del Delfino, la sorella Regina Ageltrude ed il fratello minore Answaldo

Re Adelchi , figlio di Re Desiderio , sposa Gisla sorella di Carlo Magno , da cui Re Poto ,l'Imperatrice Ageltrude ed il Vescovo Answaldo

GLI ANTENATI DI RE DESIDERIO: COSTANZO E GALLIA PLACIDIA

PUOTI DISCENDENTI DI COSTANTINO E GALLIA PLACIDIA

CONVEGNO SUL " Redde Quod debes".
Restituite a Re Desiderio ciò che gli appartiene.
Chateau Corbie, 2 dicembre 2005.
Istituto di Filologia e Storia, Archivi Nazionali di Francia



Croce di Re Desiderio, Museo Civico dell'età Cristiana di Brescia. Reca il ritratto di Galla Placidia con i figli Valentiniano e Onoria del V Secolo.

Donazione di Costantino (Constitutum Constantini). E' un documento falso, indirizzato da Costantino I a papa Silvestro, in cui l'imperatore riconosce al papa una donazione territoriale, il primo nucleo dello Stato Pontificio. Si tratta in realtà di un diploma redatto a Roma da un monaco greco intorno al 761 su incarico di papa Paolo I (757-767) per sancire l'alleanza tra la Chiesa e i Franchi a scapito di Re Desiderio, Re Adelchi e del figlio Re Poto (Capostipite dei Puoti), legittimi eredi degli Imperatores Potiores, ossia Costantino, Costanza e Galla Placida, cui Costantino il Grande trasmise i propri carismi . Secondo il testo, Costantino avrebbe affidato ai pontefici romani ogni potere su Roma, sull'Italia e su tutte le regioni occidentali dell'Impero ed i poteri Spirituali e Temporali dell'Impero. Il documento venne inserito nelle False decretali (IX sec.). Alla metà del XII secolo la donazione era considerata, all'interno del movimento riformatore e pauperistico, la responsabile della ricchezza della Chiesa e della sua corruzione.


Corona Ferrea, da Teodolinda venne trasmessa al discendente Re Desiderio, primo Re d'Italia, Rex Romanorum et Longobardorum, Patricius et Defensor Romanorum et Bisantii.




Costantino il Grande uccide il Leone. Pietro da Cortona si ispirò allo stemma avito di Re Poto (Puoti) per rappresentare l'Imperatore Costantino il Grande.



Valla, La Donazione di Costantino
La fama di Lorenzo Valla è dovuta principalmente al fatto che, dimostrando la falsità della presunta “donazione di Costantino”, egli ha “smascherato” la Chiesa, che con quel documento giustificava il proprio potere temporale e rivendicava privilegi nei confronti dell'Impero. Quello di Valla non intende essere un lavoro esclusivamente di tipo filologico, ma anche una analisi dell'epoca storica in questione. Importante l'atteggiamento di fondo, che è quello di un uomo moralmente indignato di fronte alla menzogna e alla truffa perpetrate per secoli.



L. Valla, De falso credita et ementita Constatini donatione declamatio, II, 6; IX, 32-33



Prima di confutare il testo della Donazione, unica difesa di costoro, difesa non solo falsa ma stolta, occorre che mi rifaccia un po' indietro.

Per prima cosa dimostrerò che Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da poter legalmente l'uno assumere, volendolo, la figura di donante e poter quindi trasferire i pretesi regni donati che non erano in suo potere e l'altro da poter accettare legalmente il dono (né del resto lo avrebbe voluto).

In seconda istanza, dimostrerò che anche se i fatti non stessero cosí (ma sono troppo evidenti), né Silvestro accettò né Costantino effettuò il trapasso del dono, ma quelle città e quei regni rimasero sempre in libera disponibilità e sotto la sovranità degli imperatori. In terza istanza dimostrerò che nulla diede Costantino a Silvestro, ma al papa immediatamente anteriore davanti al quale Costantino era stato battezzato; furono doni del resto di poco conto, beni che permettessero al papa di vivere. Dimostrerò (quarto assunto) che è falsa la tradizione che il testo della Donazione o si trovi nelle decisioni decretali della Chiesa o sia tolto dalla Vita di Silvestro: non si trova né in essa né in alcuna cronaca, mentre invece si contengono nella Donazione contraddizioni, affermazioni infondate, stoltezze, espressioni, concetti barbari e ridicoli. Aggiungerò notizie su altri falsi o su sciocche leggende relativamente a donazioni di altri imperatori. Tanto per abbondare aggiungerò che, anche se Silvestro avesse preso possesso di ciò che afferma di aver avuto, una volta che o lui o altro papa fosse stato deietto dal possesso non avrebbe piú possibilità di rivendica, né a norma delle leggi civili né delle ecclesiastiche, dopo sí lunga interruzione. Al contrario (ultima parte della mia discussione) i beni tenuti dal Papa non conoscono prescrizioni di sorta. [...]

Taccio di molti monumenti storici e dei templi di Roma; si trovano ancora (e molte ne posseggo io) monete di oro di Costantino già cristiano e poi di quasi tutti i successori con questa iscrizione, in lettere latine non greche, sotto l'immagine della croce: Concordia orbis. Se ne troverebbero numerose anche dei sommi pontefici, se mai avessero imperato su Roma: non si trovano invece né di oro né di argento né alcuno ricorda di averle viste, mentre non poteva non battere proprie monete chiunque avesse comandato a Roma [...].

“E decretiamo e stabiliamo che tenga il primato tanto sulle quattro sedi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Costantinopoli, quanto su tutte le chiese dell'universa terra. Anche il pontefice che nei secoli futuri sarà a capo della sacrosanta Chiesa romana, sia il piú alto a capo di tutti i sacerdoti e di tutto il mondo, e tutte le cose che toccano il culto di Dio e servano a rafforzare la fede dei Cristiani, siano disposte dal papa”. Non voglio far notare la barbarie della lingua, quando dice princeps sacerdotibus invece che princeps sacerdotum, che a poca distanza usi existerit ed existat; e che avendo detto in universo orbe terrarum aggiunga poi totius mundi, come se volesse dire due concetti diversi o volesse abbracciare anche il cielo che è una parte del mondo, quando buona parte dell'orbe terracqueo non era sotto Roma; che distinse, come se non potessero coesistere insieme, il procurare fidem vel stabilitatem; e confuse insieme sancire e decernere; e come se Costantino prima non avesse deciso con gli altri, lo fa decernere e sancire (come se stabilisse sanzioni, pene) e per giunta lo fa sancire insieme con il popolo. Quale cristiano potrebbe sopportare ciò e non rimprovererebbe il papa, severamente e quasi direi da censore, per avere pazientemente sopportato e ascoltato volentieri queste cose, cioè che, mentre la sede romana ha ricevuto il suo primato da Cristo, [...] si dica ora che tale primato lo abbia ricevuto da Costantino appena cristiano, come da Cristo? Avrebbe voluto dire ciò quel moderatissimo imperatore, avrebbe voluto udirlo quel religiosissimo papa? Lontana da ambedue tanta enorme empietà.



(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. X, pagg. 84-86, 88)


Puoti (Poti) di Bisanzio
Flavius Iovius Patricius Gajus di Comneno o Commander o Potior




Miniatura del Re Longobardo Adelchi, figlio di Re Desiderio e della Regina Ansa. Adelchi

Le Reliquie del Golgota furono custodite da Elena, Costantino, Re Desiderio e dal figlio Re Adelchi, il quale, si rifugiò a Bisanzio con il figlio Poto, mutando il nome in Flavius Iovius Teodosius Despota Bisantii da cui i Comneno o Commander che ebbero in consegna le reliquie del Golgota. Le reliquie passarono poi a Federico I detto Barbarossa, in virtù della circostanza che la madre del Barbarossa (Giuditta di Baviera) era pronipote di Re Desiderio. Il Barbarossa era quindi consanguineo dell'Imperatore Comneno discendente dei Puoti che chiese agli Svevi, cugini, di metterle al sicuro. ( da "La Sindone e le Bende presso Federico II, di Yasmin von Hohenstaufen)

Discendenti diretti di Costantino, Galla Placida, Re Desiderio, sono i Pronipoti in linea di primogenitura di Re Poto, figlio di Re Adelchi e della Regina Gisla Heristal, sorella di Carlo Magno, linea vivente nella Dinastia di HIRH Principessa Giovanna Puoti di Heristal Hohenstaufen Plantagenet Comneno Hohenzollern Canmore Altavilla Avril de Burey d'Anjou, nonna dei Principi Aprile von Hohenstaufen Puoti.



Totem dei Principi Puoti adottato anche dai Visconti, discendenti per ramo femminile e cadetto da Re Poto, nipote di Re Desiderio



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mercoledì 4 marzo 2009

Principessa Kathrin von Hohenstaufen,la piu' bella del reame

Royal Theatre Queen Elisabeth

La principessa Kathrin von Hohenstaufen medico chirurgo Presidente Afe

Con gli auspici della Principessa Kathrin von Hohenstaufen presidente Afe (Associazione Donne Europa)

Sabato 7 marzo, prossimo appuntamento di "Giochi d'alma 09" a Macerata con la compagnia Armamaxa Teatro.
Si consiglia la prenotazione.


TEATRO REBIS

in collaborazione con l’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Macerata

presenta



GIOCHI D’ALMA ‘09





ARMAMAXA TEATRO (FOGGIA)



principesse

... a passi lenti sui tacchi







di e con

Micaela Sapienza

regia di

Enrico Messina, Filippo Ughi



SABATO 7 MARZO ORE 21.30

TEATRO DI VILLA POTENZA

INGRESSO LIBERO



Dappertutto sui giornali, alla televisione, sui muri delle città immagini di ragazze cui somigliare: principesse forse? Principesse effimere, modelli di una femminilità superficiale da imitare ad ogni costo in un tempo diviso tra l’ansia di perfezione e la vita faticosa del quotidiano. Per essere adeguate, per provare ad essere principesse.

Ma rincorrere quei modelli, all’apparenza facilmente accessibili, è un’impresa difficile: fatta di diete, estetiste, parrucchieri, ore e ore di tempo rubate al proprio sonno per costruirsi impalcature che si sciolgono al calore del primo metrò, con la frustrazione di arrivare tardi, di restare indietro, di aver scelto il vestito sbagliato o di aver trascurato troppo a lungo l’idratazione quotidiana…. battaglia persa con gli anni che passano e con una femminilità che sta scomoda negli abiti che ci sono in vendita.

Alla ricerca della propria identità l’attrice si riavvicina alle figure femminili della sua famiglia, principesse di un altro mondo, di un’altra società, adeguate al loro tempo. Figure di donne forti, certe del loro stare al mondo con la sicurezza del proprio ruolo; figure imponenti, statuarie come colonne greche, e insieme intime e leggere, lontane dalla fatica di “stare al passo”.

Lo spettacolo si dipana attraverso il racconto, il movimento e le immagini che l’attrice costruisce con un leggero telo bianco evocando i ricordi e le proprie riflessioni in una scena netta, disegnata da cinque imponenti figure di donna sospese in abiti rossi. Un percorso per riappropriarsi di una femminilità antica, un omaggio agli antenati e la ricerca della propria personalità, per non rischiare di perdersi e, ritrovando le proprie radici, rimanere in piedi.





info e prenotazioni: 0733092045 – 3404666795 – rebis.info@email.it





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sabato 28 febbraio 2009

Poto Ducas or Puoti Ducas of Castrum Poti or Castrum Komne or Komneno

Poto or Puoti of Castrum Poti or Castrum Komne or Komneno

Puoti Dynasty Crest

Dynasty Puoti Crest

La principessa Yasmin von Hohenstaufen Avril de Burey Anjou Plantagenet Lancaster e' cugina del Principe Carlo d'Inghilterra

Il conte di Buren Anjou Avril de Saint Genis (abbate Whillelmus) ostenta la Sindone

Arme Avril(Staufer ou Ex Freya)de (von)Saint(Hohen)Genis(Staufen)


Profezia della sindone di Baschera ed.Me-pag 91 narra del conte di Bouron o Buren o Biron che in Provenza ostentava la sindone, nei campi di grano. Era la Dinastia Burey Anjou, ossia Avril de Burey Anjou, di cui i Biron erano dei Cadetti. Stranamente,proprio nell'archivio dei Principi di Curlandia, La Principessa Yasmin ha trovato conferma che la Sindone era di Federico II e che era custodita da Federico , figlio di Federico II ed Isabel Anjou, al punto da aver ritrovato le Bende definite Sindone o sudario negli armoriali des Avril . La Leggenda del Vecchio Conte di Buron , trae origine da canti Medievali che narrano ,in Provenza, del Conte di Buren,nei Pirenei Biron ,fece un voto ,di mettere a disposizione il castello ed i campi di grano per quei pellegrini che di passaggio avean bisogno di rifocillarsi , mostrando la Sindone , a titolo gratuito. Non e' un caso che la Principessa Yasmin abbia trovato i documenti che confermano tale circostanza e che sia l'erede delle Bende e delle reliquie custodite dai Buren o Biron, comunque rami des Avril de Burey Anjou Schwaben. Del resto il nome avito di Federico era proprio Buren! Si narra che il conte di Bouron possedesse terre coltivate a grano, ma che i visitatori della Sindone fossero talmente tanti che la farina non bastava piu:Il conte di Bouron o Burey o Buren, obbligato da un voto , avvilito chiese al Gesu' di provvedere ...Giunse il tempo di tagliare il grano, e le spighe erano cosi' grosse che erano genuflesse in terra ,quasi stessero pregando...Una volta tagliate le spighe, il giorno seguente nascevano nuove spighe. Il Conte di Buren vide passare un'aquila nei campi e vide una mano che offriva una spiga di grano. E' questa Ballata la versione dello Stemma des Avril de Saint Genis Burey Anjou che aveva la Sindone di Federico II. Traccia di questa casata e' nel motto Fortis renascitur Proles e nello stemma di Saint Genis ove appare una mano di Dio che in campo di grano offre un germoglio alla sinistra araldica, l'aquila sveva. E' l'arma avita della Principessa Yasmin . Sui Capitelli dell'abbazia des Avril de Saint Genis Burey Anjou, c'e' proprio il conte di Buren , divenuto abbate che mostra la sindone! --------------------------------------------------------------------------------

mercoledì 25 febbraio 2009

I Puoti , Porfirogeniti , discendenti di Costantino il Grande

La Famiglia Comneno o Flavius Isaccus Potus di Castrum Komne (Kastamonio ovvero Castrum Eracles Monoikos,culto della Gens Potitia o Reges Potiores) discendeva da Costantino il Grande e da Poto figlio di Re Adelchi che a Costantinopoli muto' nome in Flavius Teodatis o Teodoto Patricius Romanorum et Bisantii ove fu considerato ,in viru' della sua discendenza da Costantino e dagli Imperatori Valentiniani, pretendente al Trono di Bisanzio(Bisanziola Seconda Roma ed. Newton Compton di R. J. Lilie)



Imperatore di Trebisonda fu Davide II di Trebisonda, che si arrese ai turchi nel 1461, otto anni dopo la caduta di Costantinopoli. Con Trebisonda cadde l'ultimo lembo di cultura bizantina; la famiglia Comnena comunque non si estinse ed ha avuto continuità fino ad oggi, in linea di primogenitura porfirogenita nei despoti Puoti Comneno Paleologo di Castrum Komne o Castelpoto. I Comneno discendevano infatti da Flavius Teodatis Potus ,figlio di Re Adelchi ,che a Costantinopoli, muto' nome in Teodatis o Teodoto e fu onorato come pretendente al trono, in virtu' della sua discendenza da Costantino,come narrano i pastorali della Croce di Re Desiderio a Brescia(vedi ritratto di Costanzo,fglio di Costantino e Gallia Placidia e crittogrammi arcani del ritratto)Bisanzio la Seconda Roma di R.J. Lilie ed. Newton Compton e Das Byzantiniche Reich di Koder

martedì 24 febbraio 2009

Puoti Dynasty

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The PEDIGREE of
Constantine `the Great' of ROME

aka Flavius Valerius Aurelius Constantinus; EMPEROR of ROMAN EMPIRE

External page: His biography at Wikipedia

Note: Ranked #21 in Michael Hart's list of History's Most Influential Persons

Born: abt. 268 Died: 337



HM George I's 42-Great Half-Uncle. HRE Ferdinand I's 38-Great Half-Uncle. Agnes Harris's 44-Great Half-Uncle.

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Wives/Partners: Flavia Maxima Fausta ; (1st) Minervina
Children: Flavius JULIUS Constantius II of ROME ; Flavia Constantia Augusta ; Constantia of ROME ; Constans I Augustus (EMPEROR) of ROME ; Emperor Flavius Claudius Constantinus II ; Flavia Helena ; (by Minervina) Flavius Iulius Crispus Caesar
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Possible Child: Constance
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_______ _______ _______ ______ ______ ______ ______ ____ ___ ___
/ -- Titus Flavius Sabinus + ====> [ 4]
/ -- prob. Titus Flavius
| \ | or: (NN) of the Forum Iulii
/ \ -- Julia Sabine + ====> [ 4]
/ -- Flavius Eutropious of the GORDIANI (220? - ?)
| \ | OR: poss. Eutropius [alt ped] + ====> [ 136 ,,qd,&]
/ \ -- poss. Gordiana + ====> [ 12]
/ -- Flavius Valerius Constantius I `Chlorus' of ROME
| \ / -- Marcus Aurelius Flavius Claudius Gothicus + ====> [ 12]
| \ -- Claudia Crispina
| \ | OR: Claudia Crispina [alt ped] + ====> [ 134 ,,qd,&]
/ \ -- Aurelia Pompeiana + ====> [ 136 ,,qd,&]
- Constantine `the Great' of ROME
\ / -- prob. not Cadvan of CAMBRIA + ====> [ 160 ,,b,&]
| / -- Coilus II (Coel Cole) of GLOUCESTER (by 232 - ?)
| / \ -- prob. not Gladys `the Younger' of BRITAIN + ====> [ 153 ,,BD,&]
\ -- poss. Helena (Augusta) (Saint) of the Cross
\ | or: prob. Flavia Iulia Helena of BITHNIYA
| / -- Cadvan of CAMBRIA + ====> [ 160 ,,b,&]
\ -- Strada `the Fair' of COMBRIA
\ -- Gladys `the Younger' of BRITAIN + ====> [ 153 ,,BD,&]



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giovedì 5 febbraio 2009

Memorials of the Most Noble Order of the Garter from Its ... - Risultati da Google Libridi George Beltz - 2005 - Non-Classifiable - 672 pagine



Dinastia di Federico Aprile della Santa Progenie Sveva Sicana Anglicana (Avril de Saint Genis Burey Anjou)April of Walles or Aberycastle,Avricourt Abrichecourt

Castello di Federico VI figlio di Federico II ed Isabella d'Inghilterra, donatogli dallo zio Re Enrico d'Inghilterra, fratello della madre Isabella

ABER OF WALLES or ABRI of England or Avril d'Anjou Lancaster or Aprile di Buren Anjou Plantagenet

Aprile di Buren Anjou Plantagenet Lancaster or Abrichecourt

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April of Walles or Abricourt or Abrichecourt

Sanchet D'Abrichecourt - [ Traduci questa pagina ]History of Sanchet D'Abrichecourt. ... Also known as D'Abridgecourt, Dabridgcourt, D'Abrichecourt, Dabrichecourt, Aubréciourt. Born: about 1330. Christened: ...
www.themcs.org/characters/Sanchet%20DAbrichecourt.htm - 6k - Copia cache - Pagine simili
The Knights of the Crown: The Monarchical Orders of Knighthood in ... - Risultati da Google Libridi D'Arcy Jonathan Dacre Boulton - 2000 - History - 643 pagine
king at Crecy, and two of the other four - Sanchet d'Abrichecourt and Henry d'Enne - could easily have been there as well.131 The two remaining First ...
books.google.it/books?isbn=0851157955...
Coach Report for Manchu D'Abrichecourt - [ Traduci questa pagina ]Last Name, D'Abrichecourt, Handle Veterans, 18, Teach Pitching, 3. Nickname, Handle Players, 17, Teach Fielding, 7. Age, 50. Date of Birth, 09-08-1960 ...
www.personal.psu.edu/users/a/j/ajv5005/coaches/coach_262.html - 8k - Copia cache - Pagine simili
Bill D'Abrichecourt | Career Nexus Baseball League Statistics ... - [ Traduci questa pagina ]Career baseball statistics for Bill D'Abrichecourt, plus bio information, awards and more.
www.nexusbaseballleague.com/player/8727 - 12k - Copia cache - Pagine simili
GeneAll.net - Sanchet d' Abrichecourt - [ Traduci questa pagina ]Parents. Père: Nicolas d' Abrichecourt Mère: N. Marriages. N. Enfants. Nicholas d' Abridgecourt * c. 1330 Elizabeth de Saye; Eustace d' Abridgecourt * c. ...
www.geneall.net/F/per_page.php?id=547987 - 7k - Copia cache - Pagine simili
GeneAll.net - John d' Abrichecourt - [ Traduci questa pagina ]John d' Abrichecourt. Ordres. Chevaliers de l' Ordre de la Jarretière (120) - 1413. Corrections / Actualisations · English Version · Versión Española ...
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Comunactivo - ITZAL D'ABRICHECOURT - [ Traduci questa pagina ]Detalles del usuario comunactivo: ITZAL - D'ABRICHECOURT - Edad: 37 años - Sexo: Hombre.
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list of knights and ladies of the garter - Article and Reference ... - [ Traduci questa pagina ]a href="/encyclopedia/Sanchet-D'Abrichecourt" title="Sanchet D'Abrichecourt">Sanchet D'Abrichecourt ? 1348. a href="/encyclopedia/Walter-Pavely" ...
www.onpedia.com/encyclopedia/list-of-knights-and-ladies-of-the-garter - 347k - Copia cache - Pagine simili
Apellidos: Origen, Historia y Escudos de armas - [ Traduci questa pagina ]Disponemos de los siguientes productos para el apellido D'ABRICHECOURT: ... Escudo de armas correspondiente al apellido D'ABRICHECOURT, ...
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NationMaster - Encyclopedia: Knights of the Garter (after 1899) - [ Traduci questa pagina ]Sanchet D'Abrichecourt ? 1348. Walter Pavely, d. .... John d'Abrichecourt, d. 1415 · 1413 · Thomas Montacute, 4th Earl of Salisbury, d. ...
www.nationmaster.com/encyclopedia/Knights-of-the-Garter-(after-1899) - 95k - Copia cache - Pagine simili

Aprile del Galles Avril of Walles d' Abricourt or Abrichecourt

Sanchet D'Abrichecourt 1330-1349
Also known as D'Abridgecourt, Dabridgcourt, D'Abrichecourt, Dabrichecourt, Aubréciourt Aubril Avril Burey Anjou of Walles d' Avricastle

Born: about 1330

Christened:

Died: about 1348/9

Buried:

Parents: Nicholas D'Abridgecourt (born 1300)

Siblings:

Nicholas D'Abridgecourt (born about 1332, died 20 May 1400, Stratfield Saye, Hampshire ), married Elizabeth De Saye

Eustace D'Abridgecourt (born about 1334, died December 1372 Evreux, France) married Elizabeth of Juliers (born about 1330, died 6 June 1411)

Married:

Spouse:

Offspring:

Unknown had son John Dabrichecourt

Heraldic Coat of Arms: ermine three bars humette gules

Knight of the Garter 1348, Founder Member, Stall 25

His father Nicholas came to England with Queen Philippa of Hainault .

sabato 31 gennaio 2009

Il Volto di Cristo dalle Bende di Federico II

Lettera Aperta a Sua Santita' della Pronipote di Federico II Principessa Yasmin

>----Messaggio originale----
>Da: consumerdepartment@libero.it
>Data: 31/01/2009 12.29
>A:
>Ogg: lettera aperta
>
>Messaggio della Pronipote di Federico II a Sua Santita'
>
>
>A vostra Santita' Il Pontefice, Benedetto XVI
>
>Noi Yasmin von Hohenstaufen, Umile Serva dei Servi del Signore ,restituimmo
>al mondo il vero volto di Cristo nelle Bende custodite dal nostro Avo Augusto
>Federico II, e da quel giorno in cui lo Spirito Santo ci guido' a ritrovare le
>reliquie del Golgota, noi ripetemmo al mondo:"Ma io , solo Per la
>Giustizia mirero' il tuo volto , o Signore!
>"Santita', il cuore degli uomini e' triste, ed in specialmodo quello
>dell'italica terra che ha nel Betilo di Roma la Presenza del Vicario di
>Cristo.
>
>Il Popolo dei Giusti reclama L'IRA di Cristo, e i giorni dell'Escatologia
>dei falsi mercanti scacciati dal Tempio.
>Non scemi tale speranza di fronte alla perdita della speranza della vittoria
>dei figli della Luce contro le Tenebre!
>
>
>Ci e' parso di ascoltare la voce dello Spirito Paraclito nella Vostra aulica
>e ferma condanna contro chi nega l'impero del male delle camere a Gas.
>Avete irrorato di nuova rugiada gli occhi essiccati dalle lacrime del
>genocidio.
>Se il male si e' introdotto nella Casa di Dio, Voi siate vigile Grifone e
>Guardiano di Cristo!.
>Non possiamo negare che il Male oggi e' Leader del Mondo , ma piu' tenace
>sia la fede dei Puri , poiche' al Demonio non Basta dire :GESU' e' il SIGNORE!
>VADE RETRO SATANA!!!
Occorre sdradicarlo dalle radici della Terra!
>Esso e' seduttivo e si presenta con voce mielosa ed ingannevole e con
>colletti bianchi ed ingannevoli parole...
>Ed Ecco Perche' Santita',invochiamo che oltre alle parole "Vade Retro
>Satana" siano da Voi Pronunciate quelle piu' temute della Vera Scomunica
>contro i servitori del Male,parole che rinforzino il Popolo di Cristo.
>Ora il Popolo di Cristo si aspetta che l'Agnello di Dio che toglie i
>peccati del mondo, dal nome Ratzinger ,della Santa Progenie del Signore,
>Pronunci parole di condanna contro La Mafia e le Sette Sataniche ,
>scomunicando leaders e politici che si attorniano di mafiosi e di adepti alle
>sette sataniche.
>Urlate ai leaders Italiani che non possono attorniarsi di adepti a sette
>sataniche e collusi con la mafia!
>Noi da sempre li indicammo, quale voce che grida nel deserto, ma non fummo
>ascoltati, ora voi Santita' il cui Potere e' concesso da Dio ,restituite al
>mondo il mirto divino,pronunciando le Parole che siano piu' forte del Lampo ,
>del tuono di Gabriel , Michael ,Raffae!!! Ora Santita' chiedete conto ai leaders che vi baciano la mano,per scippare anche il consenso della Chiesa,

cosa ne fanno del potere che viene dal popolo... Lasciate che la Tempesta dell'Ira di Cristo sia il Nuovo iper.sturm und drang dell'Era dello Spirito o che profetizzo' Giocchino da Fiore!
Ammonite i Prelati, Vescovi e Monsignori di astenersi dal coinvolgersi in becere mascherate di ratificatori di Ordini Equestri in odor di Mafia!>
>Emmanuel!
>per una Memoria del futuro
>Correva l'anno del Signore 2009 ed era il 31 di Gennaio.
>
>
>

martedì 13 gennaio 2009

Chiesa duchi Macedonio Castello Macedonio Grottolella

Chiesa Macedonio

chiesa Macedonio(1600) cappella di San Giovanni Di Malta :ivi era sepolata la duchessa Emilia Macedonio nata da Eleonora Macedonio e dal Marchese Cioffi, sposata al duca di Grottolella Macedonio, suo cugino. La Cappella comprendeva oltre a preziosi suppellettili, l'intero guardaroba , unitamente ai gioielli della Duchessa che li' , per suo desiderio furono sepolti.La Cappella fu devastata dai ladri che hanno fatto sparire persino la salma , ma anche alcuni quadri di Mattia Preti, tra cui il ritratto del duca Nicola Macedonio , cavaliere di Malta.La duchessa Rosemarie Aprile von Hohenstaufen Puoti, vedova di Vincenzo Macedonio ,unitamente alla sorella duchessa Giovanna Macedonio Aprile von Hohenstaufen Puoti , vedova del Duca Roberto Macedonio,fu Tommaso , fu Eugenio , du Raffaele,fu Vincenzo Macedonio, giureconsulto,fi Nicola Saverio , ultimo duca di Grottolella, per diritto di Primogenitura maschile, ratificato nel 1815 anche da re Murat.

lunedì 12 gennaio 2009

Cappella Puoti castello Puoti o Powis( Galles)

Chiesa Santa Maria Maggiore dei Principi Puoti detti Santonge o Pietra Santa o Beinstein Sancta Propago (Na)


Ivi e' sepolto il giovane principe Antonius Poto della dinastia Puoti principi di Castelpoto

Chiesa Macedonio Puoti Aprile von Hohenstaufen di San Giovanni Castello Macedonio


Il Castello Macedonio e' sorto sull'avito Monastero benedettino longobardo del Principe Poto di Castelpoto, antenato dei Principi Puoti Carafa Caracciolo d'Avalos Aragona , discendenti di Costantino il Grande.
La Cappella di San Giovanni Battista e' parte della chiesa Dell'angelo Michele di cui erano patroni i Puoti.La dinastia dei Duchi Macedonio di Grottolella si e' estinta nella dinastia Aprile von Hohenstaufen Puoti Macedoni.

Ducato di Grottolella di Roberto Macedonio


Castello Macedonio di Grottolella
chiesa Cappella Macedonio

Harvard Foundation

http://www.kff.org/medicare/index.cfm

Oceano ancestor of Puoti

Re Oceano e’ il capostipite della Dinastia Graalica Puoti ,discendente di Re Poto nipote di Re Desiderio in quanto Re Oceano e’ il progenitore di Giuseppe di Arimatea capostipite della dinastia graalica dei Desposini Puoti.Probabilmente gli ElKan , il cui nome evoca il Potente attributo del Signore si sono ispirati alla mistica del graal della dinastia Flavia Potitia Puoti


Dynasty Aprile of Buren Anjou Plantagenet of Walles


The pedegree of Dynasty Puoti

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The PEDIGREE of Puoti
Anu, GOD of the Sky

(Supreme GOD in Sumerian myth); aka An

.

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Wives/Partners: Ki, GODDESS of the Earth ; Nammu, GODDESS of the Sea
Children: Inanna Ishtar (Queen) of Heaven ; Ereshkigal, GODDESS of Darkness ; Enki Ea, GOD of Wisdom ; Ninurta (Lord Plough) ; poss. Asaru ; poss. Asarualim ; poss. Asarualimnunna ; poss. Asaruludu ; poss. En-Ki ; poss. Namru ; poss. Namtillaku ; poss. Tutu
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Possible Children: Enlil, GOD of Wind ; Kumarbis, High GOD of the HITTITES
Alternative Fathers of Possible Children: Anus, (Hittite) Sky GOD ; Anshar, the Primordial GOD
——————————————————————————–
_______ _______ _______ ______ ______ ______ ______ ____ ___ ___
/ — Apsu, Ocean of Sweet Water
/ \ — Nammu, GODDESS of the Sea
/ — Lahmu, the Primordial GOD
/ \ — Tiamat, Ocean of Salt Water + ====> [ 1]
/ — Anshar, the Primordial GOD
| \ / — Apsu, Ocean of Sweet Water
| | / \ — Nammu, GODDESS of the Sea
| \ — Lahamu, the Primordial GODDESS
/ \ — Tiamat, Ocean of Salt Water + ====> [ 1]
- Anu, GOD of the Sky
\ / — Apsu, Ocean of Sweet Water + ====> [ 1]
| / — Lahmu, the Primordial GOD
| / \ — Tiamat, Ocean of Salt Water + ====> [ 1]
\ — Kishar, the Primordial GODDESS
\ / — Apsu, Ocean of Sweet Water + ====> [ 1]
\ — Lahamu, the Primordial GODDESS
\ — Tiamat, Ocean of Salt Water
\ — Nammu, GODDESS of the Sea

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Puoti come gli Hohenstaufen, che discendono da Giuseppe di Arimatea entrambi , sono (Niphi Nero’ ovvero Signoria dell’acqua -Venere o Pothos interscambiabile con Fortis e Venus )

domenica 11 gennaio 2009

Puoti Dynasty of Desposyni

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The PEDIGREE of
Celedoin DESPOSYNI

poss. aka Cyleddon (Celidoine Celadion); poss. Bishop of Alexandria


Male.

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Wife/Partner: (missing)
Possible Child: Nascien II of SEPTIMANIA
Alternative Father of Possible Child: prob. Celedoin DESPOSYNI
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______ ______ ______ ______ _____ _____ _____ _____ ____ ___ ___
/ -- Clodius (I; IV; Duke) of EAST FRANKS + ====> [ 162 ,,b,&]
/ -- poss. Marcomir I (VI; V; Duke) of EAST FRANKS
| \ | or: prob. not Weldelphus of THURINGIA, q.v.
/ \ -- prob. not Blesinde of the SUEVI + ====> [ 5]
/ -- Pharamond (Faramond) (King) of WESTPHALIA
| \ | OR: prob. not Faramund (of the Grail Myth) + ====> [ 159 ,,bY,&]
| | / -- poss. Himbald
| \ -- Hatilde(?) of the FRANKS (351? - ?)
/ | or: prob. not daughter of Frotmund the GRAIL-KING, q.v.
/ -- Fredemundus DESPOSYNI
| \ / -- Dagobert (Duke) of the SALIC FRANKS + ====> [ 164 ,,b,&]
| | / -- Genebald of the SALIC FRANKS (345? - 419?)
/ \ -- Argotta (Princess) of the SALIC FRANKS
/ -- Nascien I DESPOSYNI (415? - ?)
/ | or: Nascien I DESPOSYNI (q.v. : son of Elzasus)
- Celedoin DESPOSYNI
\
\ -- (missing)


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His (poss.) 2(+)-Great Grandchildren: Ygerna (Ygrame) TALIESINSDOTTIR del ACQS ; Viviane (II; Queen) del ACQS


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