mercoledì 18 marzo 2009

PUOTI DISCENDENTI DI COSTANTINO E GALLIA PLACIDIA

CONVEGNO SUL " Redde Quod debes".
Restituite a Re Desiderio ciò che gli appartiene.
Chateau Corbie, 2 dicembre 2005.
Istituto di Filologia e Storia, Archivi Nazionali di Francia



Croce di Re Desiderio, Museo Civico dell'età Cristiana di Brescia. Reca il ritratto di Galla Placidia con i figli Valentiniano e Onoria del V Secolo.

Donazione di Costantino (Constitutum Constantini). E' un documento falso, indirizzato da Costantino I a papa Silvestro, in cui l'imperatore riconosce al papa una donazione territoriale, il primo nucleo dello Stato Pontificio. Si tratta in realtà di un diploma redatto a Roma da un monaco greco intorno al 761 su incarico di papa Paolo I (757-767) per sancire l'alleanza tra la Chiesa e i Franchi a scapito di Re Desiderio, Re Adelchi e del figlio Re Poto (Capostipite dei Puoti), legittimi eredi degli Imperatores Potiores, ossia Costantino, Costanza e Galla Placida, cui Costantino il Grande trasmise i propri carismi . Secondo il testo, Costantino avrebbe affidato ai pontefici romani ogni potere su Roma, sull'Italia e su tutte le regioni occidentali dell'Impero ed i poteri Spirituali e Temporali dell'Impero. Il documento venne inserito nelle False decretali (IX sec.). Alla metà del XII secolo la donazione era considerata, all'interno del movimento riformatore e pauperistico, la responsabile della ricchezza della Chiesa e della sua corruzione.


Corona Ferrea, da Teodolinda venne trasmessa al discendente Re Desiderio, primo Re d'Italia, Rex Romanorum et Longobardorum, Patricius et Defensor Romanorum et Bisantii.




Costantino il Grande uccide il Leone. Pietro da Cortona si ispirò allo stemma avito di Re Poto (Puoti) per rappresentare l'Imperatore Costantino il Grande.



Valla, La Donazione di Costantino
La fama di Lorenzo Valla è dovuta principalmente al fatto che, dimostrando la falsità della presunta “donazione di Costantino”, egli ha “smascherato” la Chiesa, che con quel documento giustificava il proprio potere temporale e rivendicava privilegi nei confronti dell'Impero. Quello di Valla non intende essere un lavoro esclusivamente di tipo filologico, ma anche una analisi dell'epoca storica in questione. Importante l'atteggiamento di fondo, che è quello di un uomo moralmente indignato di fronte alla menzogna e alla truffa perpetrate per secoli.



L. Valla, De falso credita et ementita Constatini donatione declamatio, II, 6; IX, 32-33



Prima di confutare il testo della Donazione, unica difesa di costoro, difesa non solo falsa ma stolta, occorre che mi rifaccia un po' indietro.

Per prima cosa dimostrerò che Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da poter legalmente l'uno assumere, volendolo, la figura di donante e poter quindi trasferire i pretesi regni donati che non erano in suo potere e l'altro da poter accettare legalmente il dono (né del resto lo avrebbe voluto).

In seconda istanza, dimostrerò che anche se i fatti non stessero cosí (ma sono troppo evidenti), né Silvestro accettò né Costantino effettuò il trapasso del dono, ma quelle città e quei regni rimasero sempre in libera disponibilità e sotto la sovranità degli imperatori. In terza istanza dimostrerò che nulla diede Costantino a Silvestro, ma al papa immediatamente anteriore davanti al quale Costantino era stato battezzato; furono doni del resto di poco conto, beni che permettessero al papa di vivere. Dimostrerò (quarto assunto) che è falsa la tradizione che il testo della Donazione o si trovi nelle decisioni decretali della Chiesa o sia tolto dalla Vita di Silvestro: non si trova né in essa né in alcuna cronaca, mentre invece si contengono nella Donazione contraddizioni, affermazioni infondate, stoltezze, espressioni, concetti barbari e ridicoli. Aggiungerò notizie su altri falsi o su sciocche leggende relativamente a donazioni di altri imperatori. Tanto per abbondare aggiungerò che, anche se Silvestro avesse preso possesso di ciò che afferma di aver avuto, una volta che o lui o altro papa fosse stato deietto dal possesso non avrebbe piú possibilità di rivendica, né a norma delle leggi civili né delle ecclesiastiche, dopo sí lunga interruzione. Al contrario (ultima parte della mia discussione) i beni tenuti dal Papa non conoscono prescrizioni di sorta. [...]

Taccio di molti monumenti storici e dei templi di Roma; si trovano ancora (e molte ne posseggo io) monete di oro di Costantino già cristiano e poi di quasi tutti i successori con questa iscrizione, in lettere latine non greche, sotto l'immagine della croce: Concordia orbis. Se ne troverebbero numerose anche dei sommi pontefici, se mai avessero imperato su Roma: non si trovano invece né di oro né di argento né alcuno ricorda di averle viste, mentre non poteva non battere proprie monete chiunque avesse comandato a Roma [...].

“E decretiamo e stabiliamo che tenga il primato tanto sulle quattro sedi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Costantinopoli, quanto su tutte le chiese dell'universa terra. Anche il pontefice che nei secoli futuri sarà a capo della sacrosanta Chiesa romana, sia il piú alto a capo di tutti i sacerdoti e di tutto il mondo, e tutte le cose che toccano il culto di Dio e servano a rafforzare la fede dei Cristiani, siano disposte dal papa”. Non voglio far notare la barbarie della lingua, quando dice princeps sacerdotibus invece che princeps sacerdotum, che a poca distanza usi existerit ed existat; e che avendo detto in universo orbe terrarum aggiunga poi totius mundi, come se volesse dire due concetti diversi o volesse abbracciare anche il cielo che è una parte del mondo, quando buona parte dell'orbe terracqueo non era sotto Roma; che distinse, come se non potessero coesistere insieme, il procurare fidem vel stabilitatem; e confuse insieme sancire e decernere; e come se Costantino prima non avesse deciso con gli altri, lo fa decernere e sancire (come se stabilisse sanzioni, pene) e per giunta lo fa sancire insieme con il popolo. Quale cristiano potrebbe sopportare ciò e non rimprovererebbe il papa, severamente e quasi direi da censore, per avere pazientemente sopportato e ascoltato volentieri queste cose, cioè che, mentre la sede romana ha ricevuto il suo primato da Cristo, [...] si dica ora che tale primato lo abbia ricevuto da Costantino appena cristiano, come da Cristo? Avrebbe voluto dire ciò quel moderatissimo imperatore, avrebbe voluto udirlo quel religiosissimo papa? Lontana da ambedue tanta enorme empietà.



(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. X, pagg. 84-86, 88)


Puoti (Poti) di Bisanzio
Flavius Iovius Patricius Gajus di Comneno o Commander o Potior




Miniatura del Re Longobardo Adelchi, figlio di Re Desiderio e della Regina Ansa. Adelchi

Le Reliquie del Golgota furono custodite da Elena, Costantino, Re Desiderio e dal figlio Re Adelchi, il quale, si rifugiò a Bisanzio con il figlio Poto, mutando il nome in Flavius Iovius Teodosius Despota Bisantii da cui i Comneno o Commander che ebbero in consegna le reliquie del Golgota. Le reliquie passarono poi a Federico I detto Barbarossa, in virtù della circostanza che la madre del Barbarossa (Giuditta di Baviera) era pronipote di Re Desiderio. Il Barbarossa era quindi consanguineo dell'Imperatore Comneno discendente dei Puoti che chiese agli Svevi, cugini, di metterle al sicuro. ( da "La Sindone e le Bende presso Federico II, di Yasmin von Hohenstaufen)

Discendenti diretti di Costantino, Galla Placida, Re Desiderio, sono i Pronipoti in linea di primogenitura di Re Poto, figlio di Re Adelchi e della Regina Gisla Heristal, sorella di Carlo Magno, linea vivente nella Dinastia di HIRH Principessa Giovanna Puoti di Heristal Hohenstaufen Plantagenet Comneno Hohenzollern Canmore Altavilla Avril de Burey d'Anjou, nonna dei Principi Aprile von Hohenstaufen Puoti.



Totem dei Principi Puoti adottato anche dai Visconti, discendenti per ramo femminile e cadetto da Re Poto, nipote di Re Desiderio



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